Senso di Monica Pennazzi
in collaborazione con Ivan Macera,
a cura e con un testo di Roberta Melasecca
Foto e Video di: Matteo Giacchella
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Il Senso del Corpo
di Roberta Melasecca
“Il mio corpo ricorda chi sono e dove sono nel mondo. Il corpo è il vero e proprio ombelico del mio mondo, non nel senso del punto di vista della prospettiva centrale, ma come vero luogo di riferimento, memoria, immaginazione e integrazione.” (Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle. L’architettura e i sensi)
Siamo corpi, luoghi di riferimento, di memorie, immaginazione ed integrazione immersi in sistemi spaziali complessi con i quali interagiamo attraverso esperienze multi-sensoriali. Siamo corpi che nascono all’interno di altri corpi, come afferma l’architetto statunitense Sarah Robinson nel suo saggio “Corpi annidati” , corpi che vivono all’interno 1 di altri corpi -, luoghi, territori, paesaggi- in uno scambio reciproco di emozioni, percezioni e pensieri.
Il nostro corpo, in prima analisi, potrebbe essere definito come “il tutto carnoso che abitiamo”2; tuttavia il termine “corpo” ha accezioni più ampie: è la composizione materiale o fisica di un singolo organismo ma anche un’entità costituita da una moltitudine; è confine che delimita qualità, persone, idee, sostanze, oggetti o processi. Il corpo comprende anche la mente e i suoi meccanismi, comprende gli strumenti con i quali si estende e i luoghi con i quali si connette e dai quali dipende. Le architetture sono estensione dei nostri corpi i quali -fatti dal corpo fisico, il corpo emozionale, il corpo mentale e il corpo sociale- si esprimono e si relazionano verso l’esterno attraverso il sistema di orientamento di base, il sistema uditivo, quello aptico e gusto-olfattivo e il sistema visivo3. “Se poniamo queste cinque modalità di attenzione su ognuno dei nostri quattro corpi, possiamo iniziare a sviluppare una struttura per esplorare come il corpo interagisce all’interno degli ambienti architettonici.”, è quanto afferma ancora Robinson, spostando così l’asse della percezione tridimensionale all’insieme corpo nella sua integrità e complessità.
L’esperienza spaziale è, dunque, una sorta di gioco di scatole cinesi dove il nostro corpo, già contenitore, è contenuto in altri assetti e dispositivi e il processo gnoseologico prende forma e si realizza nel rapporto tra l’azione del corpo che conferisce valore simbolico allo spazio con il quale dialoga e la reazione che lo spazio determina sul corpo stesso4, amplificando così le dimensioni mentali dell’immaginazione e della memoria.
Monica Pennazzi realizza l’installazione Senso, all’interno della grotta dei giardini di Jos, con la decisa volontà di moltiplicare all’infinito il portato metaforico dell’indagine architettonica e artistica: un corpo, tessuto e attraversante, contenuto all’interno di un altro corpo -ventre scavato dall’opera dell’uomo e della natura- esperito attraverso il medium di un ulteriore corpo -il nostro- spinto oltre i limiti del sensibile e attivato in tutte le diverse modalità di attenzione. Il risultato è semplice e risiede nella vera natura dell’arte che, come affermava Maurice Merleau-Ponty, è quella di superare con un balzo qualunque forma di conoscenza che l’artista possa incontrare e di sognare un nuovo mondo nascente. Entrare nella grotta di Jos produce, dunque, un corto circuito mentale fra un incontro emotivo vissuto e una comprensione intellettuale . Il percorso esplorativo 5 avviene attraverso un corpo labile, evanescente, quasi non-corporeo che si rivela non improvvisamente e nella sua interezza ma attraverso differenti e variabili punti di osservazione visiva e uditiva.
Senso è una creatura generata da proprietà solide e tangibili in un ordine di segni e volumi, fissata da principi armonici, frantumata da componenti incorporee, fluide e transitorie, influenzate dalle alterazioni ambientali. È un luogo fenomenologico scandito e modellato da eventi statici e dinamici che si modificano con il respiro, le presenze e le assenze, liberando una rarefatta aura sonante, voce viva umanizzata costitutiva di un temporaneo paesaggio sonoro all’inverso, perchè risultato di fattori non involontari ma di forme, materiali, gesti determinati dalla scelta artistica.
Senso è un habitat ampliato nel quale si realizza un passaggio osmotico costante di energia e informazioni alla conquista di nuovi status e punti di equilibrio e dove la materia, materiale e immateriale, possiede quelle caratteristiche intrinseche che permettono di trasformare, convertire e codificare i moti vibratori e le onde acustiche in un continuum “dentro” e “fuori” i corpi, i territori abitati dai corpi, i luoghi-non-luoghi dimore del sogno, del desiderio, dell’ispirazione, del pensiero. I confini stabiliti dalle assertività spaziali e temporali chiamano, così, all’esplorazione dello sguardo, all’ascolto del canto delle colonne, alla figurazione nel cielo del monumento di una melodia.
L’artista, dunque, apre ad uno spazio di comunicazione inter-soggettivo ed instaura un dialogo non apparente, silente ma non silenzioso, tra differenti inter-corporeità che procedono per impreviste e susseguenti relazioni tra figurazioni incarnate e visioni evocate da mondi immaginati. Allora, “il contenuto e il significato dell’arte diventa epico nel senso che rappresenta una metafora vissuta dell’esistenza umana nel mondo”.
Lo spazio tracciato dall’orecchio nell’oscurità diventa una cavità scolpita direttamente nell’interiorità del pensiero”. (Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle. L’architettura e i sensi)